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Il DPO in Italia e in Europa, figura strategica nel GDPR

Con l’avvento del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) nel 2018, la figura del Data Protection Officer (DPO) ha assunto un ruolo di fondamentale importanza sia a livello nazionale che internazionale. Il regolamento ha introdotto una serie di nuove normative volte a garantire la privacy e la sicurezza dei dati personali dei cittadini europei, ponendo l’accento sulla responsabilità delle organizzazioni nel trattamento dei dati personali. In questo contesto, il DPO è emerso come una figura chiave per assicurare la conformità alle disposizioni del GDPR.

Ruolo del DPO nel GDPR

Noto anche come Responsabile della Protezione dei Dati (RPD), il DPO garantisce la tutela e la gestione appropriata delle informazioni personali. Il suo ruolo è quello di affiancare il titolare, gli addetti e i responsabili del trattamento, assicurando che la raccolta e la gestione dei dati avvengano in conformità con i principi e le direttive europee.

Professionista esperto nella protezione dei dati, si occupa di valutarne e organizzarne la gestione all’interno di imprese, enti o associazioni. La sua missione è quella di garantire che i dati siano trattati in modo legale e pertinente, rispettando le normative del paese in cui opera. Date le modalità prevalenti di acquisizione e gestione digitale dei dati, il Responsabile della Protezione dei Dati deve possedere competenze sia legali che informatiche.

Agisce infatti come consulente tecnico e legale con poteri esecutivi, contribuendo alla progettazione, verifica e mantenimento di un sistema organizzato di gestione dei dati personali. Collabora con i sistemi aziendali per implementare delle misure di sicurezza atte a proteggere i dati da rischi di distruzione, perdita, accesso non autorizzato o trattamento non consentito. La sua funzione non si limita solo alla consulenza, ma include anche il ruolo di mediatore tra l’organizzazione e le autorità competenti.

Le mansioni principali del DPO

In conformità con l’articolo 39 del GDPR, il DPO ha tre principali compiti: informare, sorvegliare e cooperare. Quando viene designato come “responsabile della protezione dei dati”, deve rapportarsi direttamente alla dirigenza e rispondere gerarchicamente ad essa. Il titolare e il responsabile del trattamento devono sostenere il DPO, fornendo tutte le risorse necessarie, come finanziamenti, personale e attrezzature.

L’organigramma aziendale può prevedere la presenza di uno o più responsabili della protezione dei dati, specialmente nelle grandi aziende e multinazionali. Questa struttura consente di affrontare le complessità legate alla gestione dei dati personali in contesti estesi.

L’articolo 39 del GDPR dettaglia ulteriormente i compiti del DPO. Tra questi l’informazione e il consiglio al titolare del trattamento, la sorveglianza dell’osservanza delle leggi europee sulla protezione dei dati e l’agire da punto di contatto con l’autorità di controllo per questioni legate al trattamento dei dati personali. Inoltre, deve seguire corsi di aggiornamento specializzati e operare in modo indipendente, evitando conflitti di interessi e mantenendo segretezza e riservatezza nell’adempimento dei suoi compiti.

Il contesto italiano e l’adozione del GDPR

In Italia, l’adozione del GDPR ha avuto un impatto significativo sulle pratiche aziendali e sul modo in cui le organizzazioni gestiscono i dati personali. Il DPO ha svolto un ruolo fondamentale nell’assistere le imprese italiane nell’adeguarsi alle nuove normative e nell’implementare politiche e procedure per garantire la conformità. Data la complessità delle disposizioni del GDPR e le potenziali sanzioni pecuniarie per la non conformità, molte aziende italiane hanno scelto di investire in risorse qualificate per ricoprire il ruolo di DPO. Le organizzazioni che non si conformano ai requisiti previsti dagli articoli da 37 a 39 del GDPR possono infatti ricevere multe fino a 10 milioni di euro o al 2% del fatturato di gruppo.

DPO interno o esterno?

La scelta tra un DPO interno ed esterno è un tema che merita attenzione, soprattutto considerando quanto emerso negli ultimi anni a livello operativo. Nominare un DPO interno offre il vantaggio di una migliore comprensione del contesto aziendale, che può favorire una gestione più efficace dei compiti. A lungo termine, mantenere un DPO interno non comporta inoltre i costi continui associati alla consulenza esterna.

In caso di violazioni dei dati o altre emergenze, un DPO interno interviene tempestivamente e coordina le risposte necessarie all’interno dell’organizzazione senza dover dipendere da risorse esterne.

D’altro canto, affidare i compiti strategici del DPO a un consulente esterno garantisce solitamente maggiore indipendenza. Tuttavia, è richiesta una conoscenza approfondita dell’organizzazione, raggiungibile attraverso un costante coordinamento con le figure chiave dell’azienda.

Va anche considerata l’espansione del ruolo del DPO in relazione alle nuove sfide legate all’utilizzo, alla protezione e alla valorizzazione dei dati, specialmente in considerazione dell’impatto e della diffusione dell’Intelligenza Artificiale in tutti i settori. L’Unione Europea ha avviato un ambizioso programma di innovazione legislativa nel campo tecnologico. Si propone infatti di affermare la propria leadership mondiale nella regolamentazione del digitale e dell’IA, seguendo il successo del GDPR.

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Articolo realizzato in collaborazione con Orbyta People